Animali in casa
Legge 281 del 14 Agosto 1991 "Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo" all’articolo 1 riporta “Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente.” Ed ancora all’articolo 2 ”E' vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in liberta'” ed ancora “.
Se già dal 91 cani e gatti sono tutelati dai maltrattamenti, con la legge 220 del 2012 per la riforma della vita condominiale, possono vivere liberamente negli appartamenti senza che nessun condòmino possa impedirlo “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”. Ma cosa succede per quei condominii in cui i regolamenti già prima lo impedivano? Le interpretazioni restrittive vogliono la legge valida solo per i nuovi regolamenti, ma le associazioni animaliste non si arrendono così facilmente. Per esempio la Lav -Lega antivivisezione- si è rivolta all’avvocato Marianna Sala che sostiene la norma si applichi anche ai regolamenti vigenti e non sia derogabile con future delibere condominiali anche approvate all’unanimità. Secondo Sala, la riforma ha semplicemente reso esplicito un principio generale che già da tempo andava affermandosi con una serie di leggi, il rapporto uomo-animale domestico: dal momento che nessun regolamento può contrastare un principio generale, nessun regolamento può impedire questo rapporto.
Questo però non significa che i vicini di proprietari di animali siano costretti a tollerare ogni cosa. Un animale merita di essere trattato con rispetto e cura, qualora questa cura dovesse venire a mancare l’animale potrebbe diventare rumoroso, nervoso, malato o aggressivo. Tollerare i cattivi odori, il rumore eccessivo o il pericolo di aggressione non è per niente facile. La mancanza di sonno causata dai rumori, per esempio, può provocare diverse risposte psicologiche e fisiche, dalla difficoltà di concentrazione allo stress ed irritabilità con conseguenze sul lavoro e sui rapporti personali.
L’art. 844 del Codice Civile, proibisce di impedire le immissioni di rumori che non superino la “normale tollerabilità”. Quindi se si riesce a dimostrare che il rumore rende impossibile la convivenza serena si può intervenire, anche per vie legali, al fine di ristabilire la quiete. In particolare le emissioni rumorose nel diritto privato sono considerate moleste se superano di tre decibel il rumore di fondo della zona di interesse. Il codice penale stabilisce che disturbare il riposo o le occupazioni dei propri vicini oppure non impedendo ai propri animali di emettere versi molesti, può essere punito con una multa fino a 390 euro o con l’arresto.
Fonte: Francesco Venunzio Responsabile Comunicazione ANACI